sabato 17 gennaio 2015

AGRICOLTURA BIOLOGICA, EVOLUZIONE DA NICCHIA A COMPARTO: INTERVISTA AL PRESIDENTE DEL CONSORZIO MARCHE BIOLOGICHE

AGRICOLTURA BIOLOGICA: EVOLUZIONE DA NICCHIA A COMPARTO

COME INTERPRETARE DA PROTAGONISTI QUESTA FASE DI CRESCITA E CARATTERIZZAZIONE

LE RISPOSTE DEL CONSORZIO MARCHE BIOLOGICHE IN UN'INTERVISTA AL SUO PRESIDENTE, FRANCESCO TORRIANI

 
 

L'agricoltura biologica non è più una nicchia di settore ma un vero e proprio comparto che si sta imponendo sia sul mercato interno sia in un contesto più internazionale. La filiera marchigiana biologica individua dunque nuove opportunità di crescita, ma anche delle criticità che si potrebbero incontrare nell'implementazione di un modello agricolo votato a una produzione ecosostenibile, orientato alla qualità, rispettoso delle comunità coinvolte. Come ad esempio: eccessivi tecnicismi legati alla certificazione, il problema della sovracompensazione tra "greening" previsto dalla  PAC e la misura dell'agricoltura biologica prevista dal PSR. Affrontiamole con il presidente del Consorzio Marche Biologiche per fare il punto sulla delicata fase di evoluzione del comparto agricolo e delineare, se possibile, le strade da percorrere e i vicoli ciechi da evitare.

Il Consorzio Marche Biologiche da tempo percorre la strada della costruzioni di reti tra aziende agricole e cooperative, promuovendo l'approccio di filiera. Ora che l'agricoltura biologica si impone come vero e proprio comparto quali sono i valori guida che inseguirete? 

 

Nella nostra Regione ci sono delle realtà storiche importanti le quali, seppur con delle differenze, hanno visto nello strumento della cooperazione il modello organizzativo più idoneo per affrontare la gestione della trasformazione e commercializzazione delle produzioni biologiche a partire dai cerali. Per cui è  evidente che alcune parole d'ordine proposte dalla nuova PAC e dal nuovo PSR, come "fare rete", "fare sistema", "fare filiera" non sono di per sé nuove per il nostro comparto produttivo. Questo non vuol dire, però, che non ci siano ancora equivoci e criticità da affrontare, ma che la strada è già stata intrapresa con determinazione.

 

 

Il futuro pone la discriminante: crescere come sistema produttivo cooperativo di filiera oppure ritagliarsi una propria nicchia senza avere obiettivi di crescita produttiva, della serie "vendiamo quello che produciamo e se non ci basta andiamo a comprarlo sul mercato"?

 

E' evidente che, per quello che abbiamo già fatto con le nostre cooperative e che stiamo facendo nell'ambito del progetto di filiera, stiamo interpretando l'obiettivo della crescita di sistema, con delle caratteristiche ben precise:

- una crescita che sappia coinvolgere tutti gli attori della filiera, dalla produzione alla trasformazione

- una crescita che interessi i diversi aspetti produttivi: dagli  investimenti strutturali alla qualità delle produzioni, dall'assistenza tecnica all'innovazione di processo e di prodotto, dalla tracciabilità, certificazione alla promozione e ovviamente il mercato finale.

Ci potrebbero essere altre strade? Certo….crescere nella commercializzazione senza preoccuparci più di tanto della produzione o comunque di quello che sta a monte. Ma è questa la nostra mission? Direi proprio di no.

 

I vostri obiettivi consortili sono in linea con i propositi della politica agricola comunitaria?

In generale i tre obiettivi strategici di lungo periodo della Pac sono in linea con il nostro approccio cooperativistico e di filiera, infatti mirano all'aumento della competitività dell'agricoltura, alla gestione sostenibile delle risorse naturali, alla mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici e allo sviluppo equilibrato delle zone rurali. Tali obiettivi trovano nell'agricoltura biologica una modalità strategica di adozione, particolarmente in liea con le esigenze dei consumatori.

 

Anche i numeri sembrano darvi ragione: il 2014 si è chiuso con indici più che positivi per la filiera biologica marchigiana..

Si, in effetti l'anno si è chiuso con notevoli incrementi di fatturato per le imprese agrobiologiche aderenti al Consorzio Marche Biologiche, associati a un aumento dei volumi di esportazione verso i paesi nordeuropei, l'Estremo Oriente e la Nuova Zelanda. Questo perché la filiera biologica marchigiana negli ultimi anni ha condotto una serie di investimenti relativi all'innovazione di prodotto e di processo.  La focalizzazione su prodotti ad elevato valore aggiunto (derivati dalla lavorazione di cereali in particolare di quelli antichi), insieme alla diffusione di una cultura improntata alla genuinità alimentare e alla sostenibilità ambientale hanno premiato gli sforzi delle 5 cooperative agrobiologiche e degli oltre 300 agricoltori biologici associati al Consorzio Marche Biologiche. Ne sono dimostrazione l'ottimo risultato registrato da Gino Girolomoni Cooperativa Agricola, che ha raggiunto a fine 2014 un incremento medio di fatturato del 20% con punte del 50% registrate nel mercato italiano rispetto l'anno precedente. Segno positivo anche per La Terra e Cielo Cooperativa Agricola, con un incremento di vendite del 10% sul mercato italiano e del 15% sul mercato estero. Terra Bio Soc. Coop. conferma l'andamento e fa registrare un importante aumento delle vendite sul mercato interno pari al 25% e un consolidamento delle posizioni sul mercato tedesco che rimane la principale destinazione dell'export.

 

 

Il modello agricolo che volete incentivare sembrerebbe quindi già inserito a pieno titolo negli obiettivi della PAC e dei nuovi PSR, ovvero un modello agricolo ecosostenibile, orientato al mercato dei prodotti agroalimentari di qualità, rispettoso delle comunità e delle risorse umane che lo generano. Ma avete individuato delle criticità che possono rappresentare un ostacolo all'implementazione di tali modelli agricoli?

 

Certo, alcune di queste criticità sono di ordine burocratico. Non sarebbe la prima volta. Come ad esempio il problema della sovracompensazione tra il "greening" previsto dalla PAC e la misura dell'agricoltura biologica prevista dal PSR. Poi c'è la questione dell'entità premi ad ettaro previsti dal PSR per chi fa agricoltura biologica: questi dovrebbero essere significativi, tenuto conto anche dei maggiori  costi  di produzione, compreso il costo per il controllo e la certificazione.

Anche la promozione rappresenta un altro aspetto cruciale: nei nuovi bandi va chiarito se debba essere di fatto una sorta di informazione oppure se si possa effettuare una vera e propria promozione commerciale.

Un'ultima riflessione va ai numerosi  meccanismi coercitivi e burocratici che (purtroppo) di fatto rendono molto difficile la gestione e allontanano le imprese (contratto di filiera, garanzie fideiussorie, ecc.) dall'approccio di filiera, che rimane ovviamente strategico e che quindi meriterebbe di essere  promosso alleggerendolo il più possibili dagli aspetti burocratici

 

Quali sono dunque le vostre proposte per sostenere la crescita del comparto, senza diluire gli aspetti qualitativi delle produzioni biologiche e combattere in maniera più efficace le frodi?

 

A questo proposito la Commissione Europea ha di recente proposto un nuovo regolamento europeo per l'agricoltura biologica. Tuttavia, la proposta del nuovo regolamento non sempre centrano gli obiettivi prefissati, che quindi rimangono condivisibili sul piano teorico, ma che operativamente andrebbero raggiunti con maggior "laicità" entrando nel merito delle singole questioni, trovando le opportune soluzioni tecniche legate principalmente alla certificazione. Il classico esempio è la deroga sulle sementi, che permette di usare le sementi non biologiche, qualora non si trovino sul mercato le sementi certificate bio. La si elimina o ci si propone di migliorare la sua gestione? Sul piano teorico andrebbe eliminata, ma all'atto pratico va perseguita la scelta di migliorare la sua gestione.

Sempre restando sul dibattito circa il nuovo regolamento comunitario per l'agricoltura biologica, riteniamo che andrebbe "circoscritto" il raggio di influenza di questo regolamento. Infatti, come già abbiamo avuto modo di ribadire in altre occasioni, la certificazione è  fondamentale per il nostro comparto, tale da costituire un aspetto strategico per il nostro modello di agricoltura, ma noi del Consorzio Marche Biologiche percorriamo un modello che tuttavia non si esaurisce con la certificazione, va oltre. Occorre riprendere, con rinnovata responsabilità, gli obiettivi "iniziali" dei "pionieri" dell'agricoltura biologica, che non erano certo quelli di rimanere "incartati" sui tecnicismi legati alla certificazione, ma di proporre un nuovo modello di sviluppo, alternativo (come si diceva allora) al modello industriale e convenzionale che negli '70 andava per la maggiore. Ora nel contesto socio economico attuale, dove quel modello produttivo ed economico ha manifestato tutta la sua precarietà, impegnarci a costruire un modello agricolo ecologicamente sostenibile, che sappia fare rete e sistema con la comunità locale con l'obiettivo di produrre prodotti e servizi di qualità, sembra davvero la strada da percorrere con coraggio e determinazione.

 

 

www.conmarchebio.it

 

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